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Aeroplani
di Sebastiano Tringali
Le operazioni navali che si svolsero nel Mediterraneo dimostrarono abbastanza presto che gli scontri tra unità di superficie, sebbene spettacolari, raramente avevano effetti decisivi e che il controllo del mare veniva assunto da chi era in grado di imporre la propria supremazia aerea. Tutto ciò fece si che il peso della lotta gravasse sempre più sulla Regia Aeronautica. Sin dagli inizi, le azioni aeree antinave venivano affidate principalmente ai bombardieri in quota, ma nonostante l’abituale precisione dei lanci, l’insufficiente potenza delle bombe, la sproporzione tra i mezzi impiegati ed i colpi messi a segno evidenziarono l’inadeguatezza di questo tipo di attacco.
Il 27 Agosto 1940 il Ten. Buscaglia eseguì la prima azione aerea con il siluro contro unità nemiche in navigazione e da quel momento i reparti aerosiluranti divennero il più temibile mezzo di offesa contro la flotta inglese. Le prime esperienze per il lancio dei siluri da parte di aeroplani furono condotte in Italia fin dal lontano 1914. Eppure alla data dell’entrata in guerra l’Italia non disponeva di alcun reparto aerosilurante. Finita la prima guerra mondiale, nel corso della quale, i tentativi di impiego bellico degli aerosiluranti fallirono sia per l’inadeguatezza dei mezzi e delle tecniche sia per la scarsa convinzione degli Alti Comandi, gli esperimenti continuarono con l’impiego di svariati velivoli: dai Caproni Ca.33 al Macchi M.24 fino al modernissimo S.55. Venne successivamente sperimentato il Cant.Z 506 nel duplice ruolo di aerosilurante e bombardiere marittimo, ma ormai la stagione degli idrovolanti stava tramontando. Intanto la guerra era già iniziata e ben presto, durante lo scontro di Punta Stilo, fecero la loro comparsa in Mediterraneo gli aerosiluranti inglesi imbarcati sulle portaerei, i loro attacchi non sortirono grandi effetti ma già si intravedevano le enormi potenzialità di quest’arma. La riprova di quanto detto si sarebbe avuta in tutta la sua drammaticità la notte dell’11 novembre 1940, quando gli Swordfish decollati dalla portaerei inglese Illustrious inflissero un durissimo colpo alla flotta italiana alla fonda nel porto di Taranto, colpo destinato ad alterare profondamente gli equilibri delle forze navali nel settore mediterraneo. Intanto il Reparto Sperimentale Aerosiluranti, costituito a Gorizia all’inizio del 40, venne equipaggiato con il Savoia Marchetti SM.79, che pur non essendo espressamente studiato per l’impiego aerosilurante, era un aereo robusto, veloce e maneggevole, messo a confronto con lo Swordfish inglese rappresentava un vero gioiello della tecnica. Nel corso dell’intero conflitto il "Gobbo Maledetto", cosi era chiamato l’SM.79 dai nemici per via della caratteristica forma della torretta dorsale, fu l’aeroplano caratteristico dei reparti aerosiluranti costituendo la più temibile insidia per il naviglio nemico. Il Savoia Marchetti SM.79 Nato nella seconda metà degli anni trenta come versione militare del velivolo civile SM.79P, detentore di innumerevoli primati di velocità e distanza, il Savoia Marchetti SM.79 era un trimotore monoplano a struttura mista dotato di motori Alfa Romeo 126 RC.34 da 750 hp ciascuno, l’armamento difensivo era costituito da 3 mtg. da 12,7mm ed una da 7,7mm mentre l’armamento di caduta prevedeva varie combinazioni di bombe, posizionate verticalmente all’interno della fusoliera, più due attacchi ventrali per i siluri. Ricevette il battesimo del fuoco durante la guerra civile spagnola dove dimostrò ottime doti di maneggevolezza e di velocità pur risultando troppo leggero e poco stabile, spesso riusciva a mantenersi in volo egregiamente anche con due soli motori, dote preziosa in caso di avaria tecnica. Ottime risultavano anche le caratteristiche di galleggiamento che consentivano all’equipaggio di abbandonare l’aereo ordinatamente in caso di ammaraggio forzato. Dopo un’affrettata preparazione, il 10 agosto 1940, gli unici cinque SM.79 del Reparto Sperimentale Aerosiluranti vennero trasferiti a Ciampino (Roma); da qui dopo varie soste raggiunsero l’aeroporto di El Adem, dove il giorno successivo decollarono alla volta di Alessanria d’Egitto per la prima azione italiana di aerosiluramento contro unità inglesi alla fonda in rada. L’azione prevedeva l’attacco degli aerosiluranti su due lati ed il contemporaneo bombardamento delle unità da parte di velivoli del 10°Stormo, ma purtroppo sia per le avverse condizioni meteorologiche che per la conformazione della rada non si raggiunse il risultato sperato. Col passare dei mesi, intanto, si costituivano le prime squadriglie di aerosiluranti, si affinavano le armi e le tecniche di attacco. La Regia Aeronautica cominciò a recuperare il tempo perduto ed a cogliere i primi successi, così alla fine del 1941 vennero sicuramente affondate nove unità e altre trenta colpite, ma il prezzo fu durissimo; dei 260 aerosiluranti impiegati, 14 vennero abbattuti e 46 colpiti. Alla fine della guerra le statistiche diranno che ogni equipaggio compiva in media tre missioni prima di essere abbattuto. Altri scontri di rilievo avvennero nel 42; alla fine di febbraio fu attaccato un grosso convoglio diretto a Malta poi nei mesi seguenti la seconda battaglia della Sirte e gli scontri aeronavali di mezzo giugno e di mezz’agosto, ma l’attività degli aerosiluranti incontrava sempre maggiori difficoltà a causa della furiosa reazione della contraerea nemica. Il Savoia Marchetti SM.84 Intanto si cercava di migliorare l’SM.79 istallando nuovi e più potenti motori, aggiornando le apparecchiature di bordo ed aumentando l’autonomia con serbatoi supplementari sistemati nel vano bombe centrale. Ma le limitazioni derivanti dalla sua origine civile erano notevoli, così, sin dai primi del 1940 fu messo allo studio il suo successore, il Savoia Marchetti SM.84. L’idea del suo progettista era semplice; utilizzare alcuni elementi costruttivi del suo predecessore ampiamente collaudati dalla pratica operativa. Si trattava infatti della stessa ala dell’SM.79, riproposta con nuove e più potenti unità motrici, i Piaggio P.XI RC.40 da 1000 hp, fusoliera completamente riprogettata con piani di coda sdoppiati per garantire maggior controllo difensivo, venne razionalizzato l’armamento di caduta ora disposto orizzontalmente e l’armamento difensivo, 4 mtg. da 12,7mm. Purtroppo però, contrariamente alle aspettative, l’SM.84 non possedeva qualità aviatorie adeguate, presentava la poco rassicurante tendenza ad imbardare durante il decollo, aveva un notevole carico alare ed una scarsa manovrabilità gravata da una notevole inerzia. Ciò nonostante, SM.84 venne assegnato ai reparti aerosiluranti, il primo a ricevere, nel gennaio 1941, il nuovo aereo fu il 41° Stormo che si trasferì immediatamente nella zona del Mar Egeo da dove opererà fino al 42, con modesti risultati. Nel settembre del 1941, gli SM.84 della 282°Squadriglia, decollati dalla Sardegna per intercettare una grossa formazione navale nemica in partenza da Gibilterra, danneggiarono gravemente la corazzata Nelson, un incrociatore ed altro naviglio minore. Ma il mancato intervento della nostra flotta, in navigazione nelle vicinanze, rese inutile il sacrificio. Successivamente venne approntata una nuova versione dell’aereo, l’SM.84 bis che però restò insoddisfacente, così dalla seconda metà del 42, l’aereo fu dapprima escluso dall’impiego aerosilurante e successivamente radiato dal servizio. Alla data dell’armistizio vi erano solamente 30 SM.84 efficienti, quelli catturati dai tedeschi furono distrutti, altri rimasero con compiti di collegamento. Diversa sorte toccò agli SM.79 siluranti sopravvissuti all’armistizio che continuarono a combattere affianco dei tedeschi, sotto le insegne delle Repubblica Sociale Italiana, fino alla fine della guerra. I siluri I siluri impiegati dai reparti aerosiluranti erano del tipo MAS 450/170/5,40 (diametro/ peso carica esplosiva/ lunghezza) costruiti dalla Whitehead di Fiume e dal Silurificio Italiano di Baia (Napoli). Entrambi gli ordigni avevano una autonomia di 3.000 m a 40 nodi. Il lancio avveniva, di norma, ad una velocità di 300 km/h alla quota di 30-40 m, in queste condizioni il siluro entrava in acqua con una inclinazione di 30° e dopo essere sceso 10 m sotto la profondità di regolazione si stabilizzava in 160 m sul percorso subacqueo stabilito. Durante il corso della guerra vennero realizzati numerosi siluri studiati appositamente per il lancio aereo con interessanti e innovative soluzioni. Vanno anche ricordati gli innumerevoli studi e prototipi realizzati per utilizzo come aerosilurante di aerei più piccoli come: il Ca.313 e Ca.314, tutti dotati però di potenza insufficiente, il caccia Reggiane Re.2002 con siluro ridotto a 3,28 m e l’applicazione del siluro al nuovissimo caccia monomotore Fiat G.55, soluzione interessantissima che avrà anche un seguito nel dopoguerra. |
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