The ‘Foreign Legion’
Durante la Seconda Guerra Mondiale la Regia Marina ha impiegato un certo numero di navi da guerra di provenienza straniera, in genere frutto di catture effettuate in porto a seguito di vittoriose campagne belliche (si pensi alla campagna jugoslava del 1941 o agli eventi del novembre 1942 riguardanti la flotta francese). In genere si trattava di unità relativamente piccole e, magari, di una certa età, ma non sono mancate unità di rilevanti dimensioni e che, per le loro caratteristiche o età, sono state ritenute idonee al servizio di squadra.
Ai fini della nostra analisi possiamo dividere le “straniere” della Regia Marina nelle seguenti categorie:
unità già in servizio all’entrata in guerra dell’Italia;
unità acquisite in seguito ad operazioni belliche (cattura, recupero da affondamento in porto o in acque basse, eccetera);
unità in costruzione per conto di marine straniere ed incorporate nella Regia Marina.
Unità già in servizio all’entrata in guerra dell’Italia
Questa categoria si riduce essenzialmente a due unità, che erano gli incrociatori leggeri Taranto (ex tedesco Strassburg) e Bari (ex tedesco Pillau); si trattava di due incrociatori leggeri ceduti dalla Germania alla Regia Marina al termine della Prima Guerra Mondiale in conto riparazione danni di guerra. Qui non ci dilunghiamo ulteriormente in quanto queste unità (ricordiamo che una terza, l’incrociatore leggero Ancona, ex tedesco Graudenz, era stato radiato nel 1937) sono ampiamente trattate in un’altra pagina di questo sito (NOTA: inserire qui il link alla pagina “Incrociatori ex tedeschi”).
Unità acquisite in seguito ad operazioni belliche
Questa categoria, piuttosto numerosa, comprende essenzialmente unità ex jugoslave, catturate nell’aprile 1941 all’atto dell’occupazione della Jugoslavia da parte delle forze dell’Asse, ed ex francesi, catturate dopo l’occupazione della Francia di Vichy in seguito agli avvenimenti del novembre 1942.
Le unità ex jugoslave erano le seguenti:
Cacciatorpediniere Dubrovnik, Beograd e Ljubljana, divenuti rispettivamente Premuda, Sebenico e Lubiana;
Le sei torpediniere T 1, T 3, T 5, T 6, T 7 e T 8, che mantennero invariati i loro nomi anche nella Regia Marina;
I sommergibili Smeli, Ostvenik e Hrabri, di cui solo i primi due vennero messi in servizio con i nomi di Antonio Baiamonti e Francesco Rismondo, mentre il terzo venne immediatamente radiato a causa delle sue condizioni di manutenzione;
Le motosiluranti Uskok e Cetnik, divenute MAS 1D e MAS 2D (poi MS 47) e le sei Orjen, Velebit, Dinara, Triglav, Suvobor e Rudnik, messe in servizio come MS 41 – MS 46.
I posamine Galeb, Kobac, Orao, Iastreb, Labud e Sokol, divenuti gli italiani Selve, Unie, Vergada, Zirona, Zuri, Eso.
I dragamine D 2, Maljnska, Mljet, Mosor, Melijne, Marjan, divenuti gli italiani D 10, Arbe, Meleda, Pasman, Solta, Ugliano.
Di tutte queste unità quelle maggiormente interessanti per la Regia Marina erano indubbiamente i tre cacciatorpediniere, che venivano ad arricchire una categoria di naviglio già afflitta da numerose perdite (a fine aprile 1941, cioè dopo meno di un anno di guerra, già 16 caccia, sui 59 disponibili all’entrata in guerra, erano andati persi in azione), e le motosiluranti della classe Orjen, che fornivano su un piatto d’argento la soluzione al problema della realizzazione di una unità sottile di caratteristiche marine e belliche decisamente superiori a quelle dei MAS, che si erano rivelati troppo leggeri e sensibili alle condizioni del mare per un proficuo impiego bellico. Queste sei unità, infatti, avrebbero rappresentato la base da cui partire per la realizzazione del progetto delle motosiluranti del tipo “CRDA 60. Tonn.” (e delle VAS che dalle motosiluranti derivarono); a questo fine, una delle sei venne dislocata per qualche tempo a Monfalcone presso i cantieri CRDA, che ne rilevarono i disegni completi ed i piani di costruzione (per inciso, si trattava di un progetto tedesco precedente quello delle famose S-Boot, da cui differiva per le minori dimensioni ed i motori a benzina anziché diesel).
Quanto alle restanti unità, i sommergibili erano abbastanza moderni ed in buone condizioni (escluso l’ Hrabri, che infatti venne immediatamente demolito), ma la loro limitata profondità di collaudo (solo 80 metri, con un coefficiente di sicurezza di 1,6) non permise il loro inserimento nelle squadriglie operative. Vennero però destinati alla Scuola Sommergibili di Pola, ove svolsero un buon lavoro addestrativo.
Le torpediniere della classe T 1 erano vecchie unità ex austro-ungariche di poco più di 300 tonnellate, e risalenti alla Prima Guerra Mondiale, che vennero impiegate esclusivamente in compiti di scorta costiera. Le rimanenti unità (le altre due motosiluranti, i posamine e i dragamine) erano tutte unità vecchie e di poca utilità, che infatti vennero impiegate prevalentemente in compiti secondari, non possedendo caratteristiche tali da poter affidare loro compiti impegnativi. Da notare che, dopo l’armistizio le unità ex jugoslave sopravvissute alle vicende belliche vennero restituite alla marina jugoslava. Da ricordare infine che venne catturato anche un quarto cacciatorpediniere, lo Split, in costruzione nei cantieri di Cattaro. Nonostante gli sforzi italiani, l’unità non fece a tempo ad entrare in servizio con la Regia Marina (avrebbe dovuto assumere, probabilmente, il nome di Spalato) e venne terminato nel dopoguerra dalla Jugoslavia, con il suo nome originale.
Passando alle unità francesi acquisite in seguito agli avvenimenti di fine 1942, queste erano piuttosto numerose; in particolare si trattava di:
Incrociatori leggeri Jean de Vienne e La Galissoniere che dovevano diventare gli italiani FR 11 ed FR 12;
Cacciatorpediniere Lion, Panthere, Tigre, Valmy, Trombe, Siroco, L’Adroit, Lansquenet, Bison, Le Foudroyant, Le Hardi, che sarebbero dovuti diventare gli italiani FR 21-FR 24 e FR 31-FR 37 nell’ordine;
Torpediniere Bombarde, La Pomone, L’Iphigenie, La Bayonnaise, Baliste, che sarebbero dovute diventare FR 41-FR 45, ma che, per una diversa allocazione fra italiani e tedeschi delle unità catturate, vennero cedute alla marina germanica che le ridenominò TA 9-TA 13;
Corvette La Batailleuse, Cdt. Riviere, Chamois, L’Impetueuse, La Curieuse, Dedaigneuse, che dovevano diventare le italiane FR 51-FR 56;
Sommergibili Phoque, Saphir, Requin, Espadon, Dauphin, Turquoise, Circé, Henry Poincare, che dovevano diventare rispettivamente gli italiani FR 111-FR 118. Una ulteriore unità, il Calypso, non ricevette mai alcuna denominazione ufficiale (peraltro non entrò mai in servizio nella Regia Marina, come la gran parte di tutte le unità ex francesi); anche la sigla FR 118 (denominazione del Poincare) non è mai stata confermata ufficialmente, anche se appare molto probabile;
Posamine Castor e La Coubre (italiani FR 60 e FR 70);
Dragamine Petrel III, Georgette, Chasseur 81, Madonna di Pompei, Meduse, Ravignan, Heron, Pen Men, poi italiani FR 71 e FR 73 – FR 79.
A queste unità andrebbero poi aggiunte alcune altre unità ausiliarie e di seconda linea, petroliere, trasporti, unità per servizi vari, eccetera. Come si vede dalla Francia vennero acquisite un bel po’ di unità (per la precisione due incrociatori leggeri, undici cacciatorpediniere, undici navi scorta, nove sommergibili e dieci fra posamine e dragamine). Di questo nutrito gruppetto, tuttavia, ben poche prestarono servizio nella Regia Marina e, comunque, per un periodo limitato a pochi mesi; esattamente furono quattro cacciatorpediniere, due corvette, un solo sommergibile, un posamine e un dragamine.
Anche qui le unità più utili si rivelarono i cacciatorpediniere che andarono ad alleviare, seppure di poco, la ormai grave carenza di navi scorta per la squadra navale di cui soffriva nel 1943 la Regia Marina. Teniamo comunque conto che nessun caccia ex francese divenne pienamente operativo prima di marzo-aprile 1943, per cui il loro apporto alle operazioni navali italiane fu veramente minimo. Le navi scorta non furono praticamente utilizzate, in quanto le torpediniere vennero cedute alla marina tedesca (che utilizzò comunque quelle rimesse in efficienza nel Mediterraneo per la difesa delle correnti di traffico dell’Asse), e delle corvette ne vennero ripristinate ufficialmente due, ma le loro condizioni erano comunque talmente precarie che era più il tempo che passavano ai lavori di manutenzione di quello trascorso in mare, in missione di guerra.
I sommergibili, tranne l’FR 111, non riuscirono a vedere un solo giorno di servizio sotto bandiera italiana e vennero in genere autoaffondati negli stessi porti dell’Africa Settentrionale in cui erano stati catturati, oppure all’atto dell’armistizio nei cantieri italiani dove erano in corso i lavori di ripristino.
Purtroppo le unità ex francesi costarono notevolissime risorse in termini di impegno di uomini e mezzi ma, per mancanza di tempo, i risultati ottenuti come numero di unità rimesse in servizio furono molto al di sotto di quello che lo spiegamento di uomini e mezzi avrebbe potuto far sperare. Si pensi che gli italiani costituirono un ente apposito che si sarebbe dovuto occupare del recupero e ripristino delle unità francesi catturate a Tolone e suscettibili di reimpiego, e quest’ente (Ente Recuperi Italiani a Tolone) entro giugno 1943 aveva recuperato a Tolone tre incrociatori, una nave trasporto aerei e undici cacciatorpediniere (solo per citare le unità maggiori); purtroppo molto di questo naviglio, a causa delle condizioni in cui versava, venne direttamente avviato alla demolizione per il recupero di quel poco di materiali strategici (comunque utilissimi allo sforzo bellico italiano) che si potevano riutilizzare; quanto al resto non vi fu, come visto, il tempo materiale di rimetterlo in servizio. In definitiva la maggior parte del naviglio catturato e suscettibile di riutilizzo, all’atto dell’armistizio del settembre 1943 venne catturato dai tedeschi nei cantieri in cui venivano effettuati i lavori. Uno sforzo immenso per un risultato davvero minimo!
Unità in costruzione per conto di marine straniere ed incorporate nella Regia Marina
Le uniche unità appartenenti a questa categoria furono i due incrociatori antiaerei Etna e Vesuvio. Questi erano stati ordinati dalla marina del Siam (con i nomi di Taksin e Naresuan) come una versione ridotta degli incrociatori leggeri italiani del tipo Montecuccoli. Impostati nel 1938, la loro costruzione continuò sotto controllo straniero fino alla fine del 1941, dopo di che le due unità vennero requisite dalla Regia Marina che ne ordinò il completamento come incrociatori antiaerei, da utilizzarsi per l’accompagnamento e la scorta antiaerea dei convogli. Sarebbero stati dotati inoltre di ampi locali che avrebbero consentito loro il carico diretto di 400 m3 di materiali o di un contingente di truppa equipaggiata. Problemi di scarsità di maestranze e di materie prime, tuttavia, impedirono il loro completamento in tempi rapidi (nonostante fossero un tipo di nave che avrebbe potuto dare un significativo contributo alla quotidiana battaglia dei convogli per la Libia); all’atto dell’armistizio, infatti, il loro grado di allestimenti era circa del 65%. Così anche queste belle unità rientrarono nel numero delle navi italiane incompiute di quel tragico periodo.
Conclusioni
Come abbiamo visto la Regia Marina, nella seconda guerra mondiale, ebbe l’occasione di mettere le mani su un discreto bottino di guerra, in termini di unità navali catturate; purtroppo di questo bottino (secondo solo a quello che fecero i tedeschi, ma superiore a quello delle nazioni alleate) potè utilizzare ben poco, perché venne a mancare il tempo per poter ripristinare queste navi. Ricordiamo, a ogni buon conto, che la stragrande maggioranza venne catturata dopo autoaffondamenti, o atti di sabotaggio, tesi ad impedire un utilizzo (perlomeno un immediato riutilizzo) delle unità navali stesse. Vennero spese tante risorse preziose (soprattutto tenendo presenti le difficoltà in cui già si dibatteva l’Italia alla fine del 1942) senza purtroppo conseguire risultati apprezzabili. Una ulteriore conferma, se mai ce n’era bisogno, della drammatica insufficienza e impreparazione in cui versava l’Italia in generale, ed il suo apparato industriale in particolare, alla vigilia della Seconda Guerra Mondiale. Una insufficienza ed impreparazione che avrebbero dovuto consigliare molta prudenza al momento di decidere se entrare in guerra o meno.